Luciano Caruso
Biografia
Nato nel 1944 a Foglianise, nelle montagne del Sannio, Luciano Caruso è cresciuto e ha vissuto a Napoli fino al 1976, anno del suo trasferimento a Firenze.
Prima e dopo la laurea in Estetica medievale, con una tesi sui Carmina figurata, il ricco ambiente culturale partenopeo degli anni Sessanta del Novecento gli consente di effettuare le prime esperienze letterarie e artistiche, nelle quali si incontrano e si fondono l’impegno politico, che lo porta a contatto con le condizioni di vita dei quartieri poveri della città, e la sensibilità di poeta, che si sviluppa ben presto con forte accento critico nei confronti dei moduli della poetica contemporanea. Una sensibilità che si lega fortemente con l’esigenza di entrare in rapporto con artisti e intellettuali che, come lui, sentono l’urgenza di ricercare nuovi linguaggi artistici al di fuori dei terreni tradizionali e codificati. Frequenta così i pittori del Gruppo 58, che agiscono intorno alla “nuova figurazione”, come Mario Persico, Guido Biasi, Enrico Bugli, Bruno Di Bello, Lucio Del Pezzo, Salvatore Paladino. In particolare Mario Colucci, che aveva aderito al movimento Pittura Nucleare, lo metterà in contatto con l’ambiente milanese (tramite Enrico Baj, Sergio D’Angelo e Piero Manzoni) e parigino (i lettristi, François Dufrêne e i situazionisti). L’esperienza parigina degli anni Sessanta lascia in Caruso profonde tracce, come l’uso del procedimento analogico di ascendenza surrealista e la nuova positività della “lettera” liberata dalla parola.
Gli incontri a Napoli con il poeta Stelio Maria Martini e il gruppo di Linea Sud (1963-1967) e quelli con Emilio Villa e Mario Diacono a Roma dal 1965, gli permettono di incanalare questi ricchi fermenti in direzione della ricerca estetica militante. Assieme a loro inizia l’avventura che lo coinvolgerà per tutta la vita: trovare un modo per rispondere all’insufficienza espressiva della dimensione verbale della poesia, arricchendola con l’elemento visuale e materico della scrittura.
I suoi primi testi scritturali risalgono al 1963-1964 e il suo primo libro-opera è del 1965; una ricerca in cui l’ambito dell’espressione più propriamente artistica non è mai disgiunta dalla riflessione critica e metodologica. Così, da Il gesto poetico, antologia della nuova poesia d’avanguardia (Napoli 1968) in poi, è stato tutto un proliferare di scritti, saggi, note, messe a punto e riscoperte, che intrecciandosi in maniera inscindibile con la produzione verbo-visuale hanno segnato le tappe di una ricerca intensa e originale.
Nel 1967 dà inizio, assieme a Stelio Maria Martini, alla fondamentale esperienza di “Continuum”, collettivo di discussione e sperimentazione che, in alcuni anni di densa attività, riesce a creare una fitta rete di scambio e confronto di idee con sigle, riviste e personaggi che agitavano tematiche artistiche comuni a livello nazionale e internazionale. Tra le numerose figure che animano la polimorfica attività di Continuum, si segnalano Giovanni Polara, che diverrà un grande latinista con il quale Caruso approfondirà la polivalenza semantica dei poeti altomedievali in rapporto alla poesia contemporanea, Franco Visco, fotografo e teorico, Laura Marcheschi, studiosa di lettrismo, oltre a Enrico Bugli, Mario Persico, Emilio Villa, Mario Diacono, Felice Piemontese, Anna e Martino Oberto, Renato Carpentieri, Giuliano della Casa, Patrizia Vicinelli, Pietro Pasquale Daniele, Giuliano Longone e molti altri.
Studioso del Futurismo, a partire dal 1977 dirige collane editoriali con la Spes di Firenze e Belforte editore di Livorno, dando un contributo essenziale alla riscoperta di questo movimento che a lungo, nell’Italia del dopoguerra, era stato sommariamente identificato con il fascismo, con la conseguente totale scomparsa dal panorama culturale.
Con la ristampa di numerosi testi futuristi, e in particolare dei Manifesti, Caruso contribuisce in maniera determinante all’avvio di una riflessione complessiva su questo movimento nei suoi aspetti di sperimentazione d’avanguardia a livello internazionale.
Tiene nel corso del tempo numerose mostre personali e partecipa a tutte le più importanti esposizioni dedicate alla nuova scrittura, poesia visiva, poesia visuale, libri d’artista, in Italia e all’estero. Una forza creativa volutamente pervasiva e multiforme, che si manifesta in quelle che Stelio Maria Martini definisce con efficacia “invasioni carusiane di territori ed occasioni della cultura” (Del poetar citando, 1984), dal cinema al teatro, alla filosofia (Nietzsche e Wittgenstein) fino alla sperimentazione sonora.
Negli anni fiorentini, e particolarmente nell’ultimo periodo di vita, Caruso ripercorre e rielabora in maniera critica le scelte stilistiche e tecniche degli anni giovanili, senza perdere mai il gusto della sperimentazione e della collaborazione con artisti e intellettuali italiani ed europei che come lui non intendono abbandonare un’idea dell’arte ostinatamente intesa come una sorta di “guerriglia culturale”, di ribellione ad ogni tentativo di inquadramento e omologazione.
Non rinuncia d’altra parte al suo impegno di organizzatore: un’attività che si svolge a vari livelli, dall’ideazione di riviste d’avanguardia in campo letterario e artistico, alla ricerca di collaborazioni per nuovi, innovativi progetti. Vanno menzionati in quest’ambito almeno il festival di poesia sonora Il colpo di Glottide (Firenze 1980) al quale partecipano i più importanti esponenti di questa tendenza come ad esempio Bernard Heidsieck, Arthur Petronio, Arrigo Lora-Totino, e il progetto, da lui ideato nella seconda metà degli anni Ottanta, dell’importante collezione di libri d’artista per la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Attività che prosegue intensamente fino al 2002, anno della sua scomparsa, quando partecipa ai lavori del comitato scientifico della mostra Alfabeto in sogno, tenutasi a Reggio Emilia, di cui cura la sezione dedicata al Futurismo.
Le opere e le iniziative dell’ultimo decennio, come il ciclo La via della seta o le attività editoriali ed espositive del gruppo “Le Porte di Sibari”, ribadiscono il suo modo di intendere la vita privata e la produzione artistica come un lungo percorso: un cerchio che deve chiudersi, un cammino fatto di tappe, di passaggi che portano in sè il passato, ma che rimangono aperti a nuove sperimentazioni. Ancora nel novembre 2002, a Napoli, presenta i suoi ultimi lavori: cinque libri, significativamente considerati da lui stesso “scritture di viaggio”, testimonianza di una volontà d’azione che non si arrende di fronte all’incalzare della malattia. In queste ultime opere, e particolarmente in Periplo, sono riprese e condensate le poliedriche esperienze precedenti, dalla costante ricerca della matericità a quell’insistenza nel ricorso alla citazione/autocitazione che, più volte teorizzato, percorre come un filo rosso, fin dagli esordi, tutta la sua vicenda artistica.
Luciano Caruso muore a Firenze il 16 dicembre 2002, lasciando incompiute molte opere alle quali ha continuato a lavorare intensamente sino alla fine.